Covid 19

L’esperienza in corso a Napoli. «La salute del paziente affetto da covid 19, arrivato in condizioni critiche, intubato e trattato con la nuova terapia farmacologica è in ripresa. Forse lo estubiamo perché le sue condizioni sono molto migliorate».

«Forse lo estubiamo perché le sue condizioni sono molto migliorate». Una frase al telefono che arriva dalla terapia intensiva dell’ospedale Cotugno di Napoli e un sospiro di sollievo. Paolo Ascierto direttore SC Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative INT Pascal e Vincenzo Montesarchio direttore Oncologia dell’Azienda dei Colli, parlano con il loro collega Fiorentino Flagranza. La salute del paziente affetto da covid 19, arrivato in condizioni critiche, intubato e trattato con la nuova terapia farmacologica somministrando il Tocilizumab, è in ripresa.

«Si tratta di un farmaco – spiega Ascierto – che viene solitamente utilizzato nella cura dell’artrite reumatoide oltre ad essere un farmaco di elezione nel trattamento della sindrome da rilascio citochimica dopo trattamento con le cellule CAR-T. Abbiamo pensato di utilizzare il farmaco che normalmente usiamo per il trattamento degli effetti collaterali del CAR-T poiché la polmonite severa, il distress respiratorio, in seguito all’infezione del virus, è dovuto soprattutto ad un meccanismo molto simile. Da qui nasce l’idea: abbiamo contattato i nostri colleghi cinesi i quali ci hanno detto che avevano trattato 21 pazienti con questo farmaco che hanno mostrato un miglioramento importante già nelle prime 24-48 ore dal trattamento, che avviene in un’unica soluzione e agisce senza interferire con il protocollo terapeutico a base di farmaci antivirali utilizzati».

Quindi è stata subito convocata una task force con i colleghi del Cotugno e si è deciso di sperimentare la terapia. «È importante chiarire che questo farmaco non cura il coronavirus – dice Montesarchio – ma serve a migliorare o risolvere la polmonite che il virus stesso crea. La polmonite e causata da alcune sostanze tra cui l’interleuchina 6, il cui dosaggio si eleva moltissimo a livello polmonare. Questo è causa della polmonite cosiddetta intersiziale che provoca il coronavirus. Questo è il sintomo più grave con cui il paziente può andare in rianimazione. Siamo costretti poi ad intubare il paziente perché non c’è uno scambio di ossigeno a livello polmonare, a livello degli alveoli. Per cui se riusciamo a migliorare questo, abbiamo sicuramente migliorato alcuni degli aspetti dell’infezione da coronavirus. La nostra speranza è quella di mandare meno pazienti possibili in rianimazione e di intubarne il meno possibile. Per i pazienti già intubati di migliorare la ripresa funzionale del polmone e di riuscire così a liberare posti nelle le terapie intensive».

FONTE: www.corriere.it