l melanoma agli occhi è una malattia rara, che colpisce però circa 400 italiani ogni anno. Spesso non dà sintomi chiari, ma ci sono alcuni segnali da non trascurare. In quasi la metà dei casi le cellule cancerose possono dare metastasi in altri organi, in particolare al fegato, compromettendo anche la vita del paziente. Per questo è importante una diagnosi precoce ed è fondamentale essere seguiti in ospedali specializzati per trattare la malattia e conservare il più possibile la vista. Fino a poco tempo fa la maggior parte dei pazienti italiani veniva indirizzata all’estero, ma ora c’è un centro dedicato anche a Milano.

Quali sono le cause?

«Il melanoma è dovuto alla proliferazione incontrollata dei melanociti, le cellule pigmentate del nostro organismo – spiega Martina Angi, responsabile del servizio di Oncologia Oculare all’Istituto Nazionale Tumori (INT) di Milano -. Può svilupparsi da un neo già presente o insorgere de novo. Negli occhi, può manifestarsi sulla superficie (melanoma congiuntivale) o all’interno del bulbo oculare (melanoma uveale). Il comportamento biologico del melanoma congiuntivale è simile a quello del melanoma della pelle, mentre il melanoma uveale possiede caratteristiche peculiari. Il melanoma uveale “semina” metastasi esclusivamente attraverso i vasi sanguigni e la principale sede raggiunta è il fegato. Solitamente trascorre del tempo tra le terapie oculari e lo sviluppo delle metastasi, perciò è importante un follow-up mirato e continuativo del paziente».

Chi rischia di più?

«Il melanoma uveale colpisce tipicamente i soggetti anziani, dopo i 60 anni, anche se può presentarsi a tutte le età – continua Angi -. Non si eredita, tranne in famiglie con particolari sindromi di predisposizione al cancro: in particolare, è stata recentemente identificata la BAP1 tumor predisposition syndrome, una patologia ereditaria legata alla perdita di funzione del gene oncosoppressore BAP1, che aumenta il rischio di sviluppare una serie di tumori a livello di cute, rene, occhio. In questi pazienti il melanoma uveale insorge in età più giovane e può essere il primo campanello d’allarme che porta alla scoperta della sindrome».

Si può prevenire?

«Il melanoma congiuntivale è legato all’esposizione solare, pertanto è utile l’uso regolare di occhiali da sole e si raccomanda di evitare l’uso di lettini abbronzanti – ricorda Mario Santinami, direttore della Struttura Melanomi e Sarcomi dell’INT -. Per il melanoma uveale, invece, non esiste una prevenzione vera e propria, ma può essere scoperto precocemente grazie a una visita oculistica con esame in midriasi (dilatazione della pupilla) del fondo oculare, che sarebbe buona regola effettuare a cadenza annuale dopo i 40 anni. I continui progressi nelle tecnologie oculistiche di imaging, permettono di studiare in maniera sempre più dettagliata e non invasiva le caratteristiche delle lesioni del fondo oculare e di distinguere tra comuni nei coroideali, forme benigne che interessano il 5 per cento della popolazione, e piccoli melanomi. Più precocemente si diagnostica e tratta il melanoma, minore è il rischio di disseminazione al resto del corpo».

Quali i possibili campanelli d’allarme?

«In alcuni casi il tumore è visibile come una macchia scura o una lesione ricca di vasi sanguigni sulla superficie dell’occhio o sull’iride – dice Santinami -. Più spesso, si sviluppa invece all’interno dell’occhio e causa dei sintomi poco specifici, come un abbassamento della vista o la presenza di lampi luminosi. In un terzo dei casi, però, il paziente è del tutto asintomatico e il tumore viene riscontrato accidentalmente in corso di visita oculistica di routine. Per questo è importante non trascurare regolari controlli».

Quali le terapie?

«La scelta della terapia del tumore oculare dipende dalla sua localizzazione, dalle sue dimensioni e dalla presenza o meno di complicanze oculari – chiarisce Angi -. I melanomi della congiuntiva sono trattati preferibilmente con escissione chirurgica in toto, con o senza radioterapia e chemioterapia topica complementare. I melanomi uveali di grandi dimensioni e con infiltrazione di strutture critiche come il nervo ottico vengono ancora oggi trattati con rimozione chirurgica radicale del bulbo oculare (enucleazione) e impianto di una protesi che ne sostituisca il volume, permetta di ottenere un buon effetto cosmetico. È stato tuttavia ampiamente dimostrato che la terapia dell’occhio non incide sulla sopravvivenza del paziente, pertanto si cerca il più possibile di conservare l’occhio e possibilmente anche la vista di questi pazienti grazie all’uso della radioterapia conservativa. Il melanoma uveale però è molto radioresistente, perciò sono state sviluppate delle tecniche apposite che permettono di applicare una dose forte e mirata al tumore».

Ci sono nuovi trattamenti?

L’Istituto dei Tumori di Milano ha inaugurato pochi mesi fa il nuovo polo per la diagnosi e cura delle tumori dell’occhio, in collaborazione con l’Ospedale Sacco e il CNAO (Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica) di Pavia.«Fino ad oggi la maggior parte dei pazienti italiani erano indirizzati all’estero – ricorda Santinami -, ma adesso siamo in grado di gestire e coordinare percorsi assistenziali a 360 gradi». È ora disponibile la brachiterapia oftalmica, che consiste nel posizionare chirurgicamente sulla superficie oculare in corrispondenza del tumore una placca di metallo, contenente iodio o rutenio radioattivo, e di lasciarla in sede per il numero di ore necessario affinché tutto il volume del tumore venga irradiato. «Poi – conclude Angi – c’è l’adroterapia con protoni accelerati, che permette di irradiare con un fascio molto potente e preciso qualunque volume, considerata il gold standard per il trattamento dei melanomi uveali vicino a strutture critiche come il nervo ottico, o per quelli di grandi dimensioni. Può essere usata anche per irradiare l’iride, la superficie oculare, le palpebre. Fino a pochi anni fa, l’assenza di protoni in Italia costringeva molti pazienti a migrazioni sanitarie all’estero, soprattutto in Svizzera o in Francia, per sottoporsi alle cure necessarie. Attualmente in Italia sono due gli acceleratori di protoni utilizzati per trattare l’occhio: il centro Catana in Sicilia e il CNAO a Pavia. Infine, per trattare la malattia metastatica da melanoma congiuntivale, che si sviluppa in circa un terzo dei pazienti, ci si può infatti attualmente avvalere delle numerose immunoterapie e delle terapie bersaglio sviluppate per il melanoma cutaneo, con buone percentuali di successo. Nel melanoma uveale, invece, non esiste un farmaco universalmente efficace nel trattamento della malattia metastatica conclamata, perciò è fondamentale la diagnosi precoce di eventuali lesioni singole trattabili chirurgicamente o con terapie locoregionali. Per il paziente con interessamento epatico diffuso, la miglior speranza rimane l’inclusione in un trial terapeutico con molecole innovative. Il paziente ed i suoi familiari vanno accompagnati in tutto il percorso da un team oncologico esperto in malattie rare, che sia in grado di offrire accesso ai nuovi farmaci ma anche sostegno psicologico e terapie di supporto quando necessario».

 

FONTE: corriere.it